Augusto aveva istituito una forma di governo piuttosto rivoluzionaria per l’epoca, dal momento che assommava su di sé tutte le cariche statali senza però dar vita ad una vera e propria monarchia basata su una successione dinastica. Questo causò vari dubbi sulla figura che sarebbe stata l’erede del suo innovativo potere:
-[Augusto] Aveva dato prestigio a Claudio Marcello, figlio della sorella, con la nomina a pontefice ed edile curule, e ad Agrippa, uomo di origini oscure, ma ottimo soldato e suo compagno di vittorie, con due successivi consolati e più tardi, morto Marcello, scegliendolo come genero. Conferì ai figliastri, Tiberio Nerone e Claudio Druso, l’ambito titolo di imperator [...]. Aveva infatti adottato i figli di Agrippa, Caio e Lucio, facendoli entrare nella famiglia dei Cesari, [...] e aveva desiderato ardentemente [...] che ricevessero il titolo di principi della gioventù e fossero destinati al consolato.-
Tutti questi piani andarono però in fumo a causa della morte di tutti gli eredi designati, tra i quali rimane in vita solamente uno:
-Tiberio, che si trovò al centro di tutti gli onori, adottato come figlio, nominato collega nel governo e nella potestà tribunizia, presente in immagine presso tutti i reparti dell’esercito [...].-
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Tacito, Annali, I, 3 (riportato da Giovanni Geraci, Arnaldo Marcone. “Fonti per la storia romana” con la collaborazione di Alessandro Cristofori e Carla Salvaterra; seconda edizione; Mondadori Università; Milano; 2019).